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Ferdinando Santacroce

 

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Ferdinando Santacroce

Prima di partire per un viaggio cos’è che non deve mai mancare nel tuo zaino?

Un “proiettile d’argento”: prima o poi lo troverò un problema che potrà risolvere…

Racconta l’esperienza che hai vissuto — non necessariamente in ambito professionale — che ti ha trasformato maggiormente e perché.

Sono diventato perito informatico nel 1998, dopo cinque anni passati da studente non proprio modello: più da “manichino”, diciamo… A diploma ottenuto, mi viene offerto di diventare insegnante in quella stessa scuola: non l’avevano chiesto al più bravo, ma stavano dando fiducia a una persona che poteva farcela. Ce l’ho fatta e, da quella volta, tante altre cose belle mi sono capitate grazie a persone che hanno visto in me delle potenzialità e mi hanno messo nelle condizioni di esprimerle. Oggi cerco a mia volta di far emergere quanto di buono vedo, creando le condizioni affinché le persone che incontro possano dare il meglio di sé.

Elenca tre valori su cui basi il tuo agire e la tua vita.

  • Ascolto: intendo quello non necessariamente atto a rispondere, a controbattere, a ottenere un vantaggio, bensì il semplice ascolto. Credo che il fatto di avere due orecchie ma una sola bocca sia sottovalutato…
  • Curiosità: sono curioso, con tutti i pregi e i difetti che questo comporta. Nel tempo ho imparato un sacco di cose utili e un’enormità di quisquilie, ho fatto scoperte illuminanti e ottenuto grosse delusioni. Il bilancio è positivo, ma, anche se non lo fosse, sono curioso di sapere come va a finire perseverando.
  • Scomodità: avete presente il mantra “esci dalla tua comfort-zone”? Sono uscito una quindicina di anni fa e non sono ancora rientrato.

Qual è la cosa che ti piace di più del tuo lavoro?

Ho la costante opportunità di aiutare le persone a migliorarsi e, nel farlo, continuo a crescere come professionista e come essere umano. Per questo ogni mia giornata di lavoro è una vittoria, se non per tutti, almeno per me.

Quale episodio legato alla tua professione vorresti che tutti conoscessero. Come mai pensi possa essere d’aiuto ad altri colleghi e perché?

Lavoravo come sviluppatore per un’azienda bellissima, dove si poteva fare veramente XP perché il customer era veramente on-site.  Prendo una card dalla board, la rileggo, e chiedo per l’ennesima volta al team se quella feature è da implementare veramente: c’era un altro modo per ottenere lo stesso risultato, un po’ tricky forse, ma due clic in più non hanno mai ucciso nessuno… Decido di prendere iniziativa, mi alzo, e vado a parlare con chi ha chiesto la funzionalità: torno dopo quindici minuti, con un caffè in meno sulla chiavetta e una card in meno da sviluppare. Quel giorno capii che “individuals and interactions” fanno davvero la differenza.

Aggiungi un aneddoto personale, di quelli che metteresti in fondo al CV — o all’inizio, dipende dai punti di vista — sotto la voce hobby e interessi.

Si dice che un hobby è un’attività che pratichi non perché ti riesca particolarmente bene, per trarne un profitto o per un qualsiasi secondo fine, ma solo per il gusto di farla, perché la sua pratica ti fa stare bene. Fra gli innumerevoli hobby che ho creduto di avere, l’unico che continuo a praticare con risultati costantemente mediocri è lo sport, tra cui corsa, bici, arti marziali (Sanda).