Progettare la propria carriera in modo Agile. Carriera ed employability (1/3)
31 Agosto 2023

[Questa pubblicazione è il primo capitolo di una serie di articoli dedicati ai temi di carriera e talento.]
Il Talent Canvas è uno strumento visivo per rappresentare in modo semplice gli elementi chiave di una relazione professionale, sia tra persone che lavorano insieme, sia tra persona e organizzazione. Va inquadrato in una strategia iterativa e incrementale per nutrire i talenti dell’azienda, supportare il raggiungimento della soddisfazione personale e, di conseguenza, il successo delle iniziative aziendali in cui si è coinvolti.
Per comprenderne meglio l’utilizzo, è opportuno (ri)definire prima alcuni concetti legati al talento e alla carriera delle persone in azienda.
La carriera nei contesti “agili”
Le caratteristiche del concetto di carriera stanno evolvendo con le nuove concezioni del lavoro e delle organizzazioni. Da una visione lineare di posizioni e incarichi che si sviluppano nel tempo – con le relative responsabilità e retribuzioni più o meno crescenti – si è passati a considerare la carriera come un insieme di esperienze e di apprendimenti, che creano possibilità molto diversificate per ogni individuo.
Quando parliamo di sviluppo, ci riferiamo in particolare a quattro componenti fondamentali:
- Crescita professionale: l’aumento o l’estensione delle proprie capacità e competenze in ambito lavorativo
- Crescita personale: l’aumento o l’estensione delle proprie modalità di relazione, di comportamento, e di preferenza rispetto a cosa ci piace di più o di meno
- Evoluzione dell’impatto: un cambiamento significativo della nostra possibilità di modificare il corso degli eventi, sia in direzione orizzontale (più ampio, ad esempio su più persone o più ambiti) sia verticale (più profondo, ad esempio con più specializzazione o più esclusività)
- Riconoscimento: la rilevanza organizzativa di uno o di tutti gli aspetti precedenti: non si può realmente parlare di uno sviluppo di carriera se non vi è un riconoscimento esterno – non necessariamente economico, anche se il più delle volte è correlato alla retribuzione – o quantomeno un feedback.
Si può considerare dunque la carriera come un viaggio, o meglio un percorso di sviluppo.
Come in ogni percorso che si sviluppa nel tempo, durante lo svolgimento della vita professionale succedono “cose” che possono condizionare gli esiti delle nostre stesse decisioni. Nella carriera di ogni persona si possono cioè incontrare fattori limitanti, che ostacolano o rallentano le possibilità di sviluppo, fattori a supporto, che le favoriscono o accelerano, ma anche fattori moltiplicatori, ovvero quelle occasioni – meno frequenti, ma senz’altro dirompenti – che offrono nuovi trigger – in entrambi i sensi, limitanti o a supporto – e che possono generare ulteriori nuove opportunità, nonché spazi di consapevolezza, in cui far evolvere gli elementi di cui sopra.
I fattori a supporto e limitanti sono generalmente relativi all’ambiente, alle interazioni e alla qualità del supporto a cui si può fare affidamento nella propria azienda, o nel proprio team. Ad esempio, presenza o assenza di feedback, tanti o pochi investimenti in formazione o una cultura con cui sentirsi più o meno in sintonia.
Un fattore moltiplicatore invece è generalmente un evento dirompente nel proprio lavoro: un cambio di ruolo, un nuovo team o un nuovo responsabile, un incarico in un contesto diverso rispetto al precedente che sviluppa nuove capacità e competenze.
Riassumendo, nell’era precedente al digital e al knowledge work, la carriera era considerata una struttura “a cui aderire”, con limitati margini di manovra individuale. Lo scopo della carriera era essenzialmente avere una direzione verso cui puntare. Oggi, lo scopo di una carriera è quello di aumentare le opzioni a disposizione per scegliere come orientarsi – cosa imparare, a cosa dare più importanza, a cosa dare risalto di sé – in relazione ai cambiamenti continui che avvengono nel proprio contesto aziendale o nel mercato. Significa poter aumentare la propria employability (o se vogliamo, “occupabilità” in italiano, sebbene sia un concetto più ampio, come vedremo in seguito), un paradigma relativamente nuovo ma sempre più diffuso in ambito di people and culture.
Aumentare l’employability. Cosa significa?
Partiamo chiarendo cos’è l’employability:
…having a set of skills, knowledge, understanding and personal attributes that make a person more likely to choose and secure occupations in which they can be satisfied and successful.
(Dacre Pool, L. and Sewell, P. (2007), “The key to employability: developing a practical model of graduate employability”, Education and Training, 49, pagg 277-289)
Questa definizione contiene tutte le componenti di ciò che abbiamo considerato “sviluppo” e fornisce un quadro di riferimento per modellare il nostro impatto nelle relazioni professionali. In particolare: le competenze, le abilità e le qualità personali, i concetti di soddisfazione e successo, nonché la possibilità di compiere una scelta. Tanta roba.
Competenze, abilità e qualità personali
Lavorare sulle competenze è necessario, lo sappiamo già: ci sono numerosi modelli per poter evolvere e integrare le proprie skills con quelle del gruppo di cui facciamo parte (rimandiamo a questo articolo, in cui approfondiamo il modello di Agile Realoded). Si parla fin dagli anni ‘90 di professionalità T-shaped, ma forse oggi non basta più (qualcuno ha azzardato addirittura i concetti di π-shaped o m-shaped). È necessario avere a disposizione modelli di riferimento più “adattivi” e nello stesso tempo “inclusivi”, ovvero attenti alle esigenze delle persone e che favoriscano la creazione di team cross-funzionali, autonomi e auto-organizzati in ambienti molto variabili, come richiedono le pratiche agili.
Tra l’altro, cross-funzionalità non significa omologazione (riferimento del seguente articolo). È frequente l’equivoco di considerare le competenze alla stregua di “tutti devono saper fare tutto”, mentre nella realtà vanno considerate e tutelate le specifiche professionalità delle persone, la rilevanza della loro expertise e un bilanciamento “ragionevole” tra capacità di essere autonomi o di poter supportare i colleghi al bisogno, nello svolgimento dei numerosi compiti che ricadono negli obiettivi di un team.
Realizzazione personale e successo
Un altro componente dell’employability è la consapevolezza di cosa significhi per una persona essere soddisfatta e avere successo. Tuttavia, a differenza delle competenze, su cui è possibile lavorare intenzionalmente – come se fosse un “progetto” da sviluppare – non si possono progettare o tantomeno prevedere la propria realizzazione personale e il proprio successo. Ogni persona ha la responsabilità di trovare per proprio conto ciò che la spinge a contribuire con la massima soddisfazione possibile agli obiettivi che le vengono offerti, oppure di proporne di nuovi, e scoprire di volta in volta se ciò che realizza ha una valore. Ogni incarico o coinvolgimento permette agli individui di accumulare esperienze, di sviluppare le proprie competenze e conoscenze e di raggiungere risultati migliori, per loro stesse e per l’azienda.
Ad esempio, una persona potrebbe avere preferenza per ruoli di coordinamento e organizzazione, in cui supportare le interazioni tra colleghi o fornitori, anche con lo scopo di valorizzare le proprie competenze “soft”. Tuttavia, potrebbe scoprire di non ricevere feedback positivi, oppure di non riuscire a gestire così bene l’incertezza o le inevitabili tensioni da risolvere. Un’altra persona potrebbe volersi specializzare in una tecnologia o disciplina specifiche, per poi scoprire di essere più a suo agio con un ruolo meno verticale, che lascia aperte più possibilità sul futuro, in aziende che cambiano sempre più rapidamente. Così come ci sono persone che lavorano meglio in team, c’è anche chi sente di lavorare meglio sotto pressione, chi ha bisogno di molto spazio di riflessione individuale, chi predilige la stabilità e chi il cambiamento. In ogni caso, abbiamo bisogno di “scoprire” cosa ci piace fare e cosa ci viene bene, ma lo possiamo fare soltanto dopo un’esperienza concreta. Tenendo in considerazione che questi aspetti possono cambiare nel tempo.
Ma cosa significa accumulare esperienza?
Il concetto di esperienza rientra tra gli elementi da considerare quando parliamo di carriera e, più nello specifico, di una nuova concezione di carriera basata sull’employability.
I percorsi di carriera convenzionali sono percorsi promotion-based, con le seguenti caratteristiche:
- Si può” cambiare” soltanto se ci sono posizioni occupabili
- Si considerano le aspettative delle persone come richieste da soddisfare
- I percorsi sono definiti sugli individui
- L’obiettivo diventa necessariamente la promozione
- Ci si può generalmente “muovere” all’interno del proprio ambito di competenza
Sono, però, aspetti troppo complessi e deterministici per il lavoro di oggi, soprattutto in una grande azienda che si sta spostando verso modi diversi di affrontare le sfide del mercato e della tecnologia. Standardizzare questi aspetti è un obiettivo poco sostenibile.
Accanto ai percorsi convenzionali, è dunque possibile progettare una carriera che sia experience-based, che consideri dunque altri aspetti:
- Le competenze di cui l’organizzazione ha bisogno
- Le aspirazioni degli individui come stimolo, non come richiesta
- Percorsi progettati per individui che lavoreranno in team
- L’obiettivo diventa la possibilità di estendere il proprio contributo
- Ci si può “spostare” in diversi ambiti dell’organizzazione
Con una carriera basata sull’esperienza e sull’employability, le aziende possono arrivare ad essere più adattive e, allo stesso tempo, permettere alle persone di avere più opzioni per scegliere come svilupparsi e aggiungere valore al proprio lavoro, nell’attuale e nella futura configurazione dell’azienda.
Per essere chiari, non significa che i percorsi strutturati e lineari siano meno positivi di quelli più interpolati e basati sull’esperienza: è opportuno, piuttosto, iniziare a integrare un paradigma con l’altro. Specialmente in una grande organizzazione, in fase costante di evoluzione, risulterà poco probabile creare un sistema di ruoli ed esperienze da mettere completamente “in rete” e che sia a disposizione di tutte le persone. Si può tuttavia applicare il nuovo paradigma in chi opera su prodotti/servizi/ambiti o flussi di valore simili, al fine di favorire cross-funzionalità e apprendimento organizzativo.
Da un punto di vista pratico, significa costruire sistemi di ruoli e posizioni professionali che permettano alle persone di svolgere (o far evolvere) esperienze che possano essere riutilizzate, o che permettano di riadattarsi a un contesto mutevole. Per svolgere un nuovo ruolo – specialmente se molto determinante in termini di strategia e responsabilità – non è necessario svolgere per anni un ruolo “minore” (sottoposto) bensì può servire accumulare le esperienze necessarie in una serie di ulteriori ruoli all’interno della stessa azienda, allo scopo di acquisire quanta più consapevolezza del contesto e dei fattori a supporto. Mappare questi ruoli e le competenze necessarie non è facile, ma ha un vantaggio: sta già succedendo, soltanto non lo stiamo considerando come un “sistema”.
[Segue]
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