Business Agility, navigare in acque perigliose
2 Novembre 2021

Si parla spesso di Business Agility, ma cosa significa? Come è nata? Quali sono gli obiettivi e gli elementi che la contraddistinguono?
Un pò di storia
La nascita della Business Agility
La storia di Agile può essere riassunta in tre momenti salienti:
- 02/2001 – nasce il Manifesto agile: l’agilità era strettamente correlata allo sviluppo di software e all’organizzazione di un piccolo gruppo di lavoro;
- 2008 – ondata dello scaling: l’agilità viene applicata a prodotti più complessi e articolati che richiedono un maggiore numero di persone e quindi più team; i principi del Manifesto restano gli stessi, le pratiche cambiano;
- 2014 – si inizia a parlare di Business Agility: l’agile si espande in altre aree, potenzialmente all’intera azienda; si assiste contemporaneamente ad un indebolimento dei principi, inizialmente così forti perché pensati per un settore circoscritto.
Esiste un fil rouge che collega tra loro le tre ondate evolutive agili. La Business Agility ne rappresenta l’ultima estremità: nasce da un bisogno di cambiamento, continuo e incessante; è la risposta alla necessità di possedere gli strumenti e una cultura atti a favorire l’innovazione e a coglierne le opportunità.
Il contesto Agile
In generale, l’approccio agile si utilizza in contesti ben sintetizzati dall’acronimo VUCA, cioè quando è alta la volatilità (Volatility), quando predomina l’incertezza (Uncertainty), quando si manifesta alta complessità (Complexity) e quando regna l’ambiguità (Ambiguity).
L’incertezza in particolare merita un approfondimento: il cono dell’incertezza, frutto di approfondite ricerche effettuata dalla NASA, evidenzia che quando si intraprende un’iniziativa complessa la nostra conoscenza sia normalmente bassa e di conseguenza sia alta l’incertezza. Si stima che l’incertezza produca stime fino a quattro volte superiori oppure di quattro volte inferiori rispetto a quanto possiamo rilevare a consuntivo.
Per 40 anni sono state applicate strategie di Project Management con l’obiettivo di prevedere tutto e proprio nel momento di massima incertezza.
La soluzione all’insicurezza e all’indeterminatezza, in realtà, è proprio la conoscenza. Negli approcci tradizionali nascono alcune pratiche che mirano a darci una qualche forma di controllo in una situazione che, in realtà, è fuori controllo. Un esempio è la pratica del Risk Management che permette di calcolare i rischi, sulla base di probabilità e impatto.
Gli approcci agili si basano invece su cicli rapidi di lavoro che, attraverso il feedback, aumentano rapidamente la conoscenza diminuendo con altrettanta rapidità il grado di incertezza. Le decisioni quindi verranno prese solo dopo aver acquisito un certo grado di conoscenza.
Gli obiettivi della Business Agility
Entriamo nel vivo della Business Agility.
Sono due gli obiettivi da perseguire, consecutivi nel tempo: ridurre il rischio e accelerare.
- La riduzione del rischio prevede un lavoro su tre parametri:
- Qualità, che riguarda da un lato la professionalità e la crescita delle persone, dall’altro si riferisce alla tecnologia e ai temi di innovazione e ricerca tecnologica.
- Valore, quindi la customer centricity, pilastro per il benessere generale dell’azienda;
- Tempo, che indica la semplificazione del processo e della struttura aziendale.
- L’accelerazione si caratterizza da una auspicabile riduzione del time-to-market. Nascono riflessioni su 3 problemi:
- Mercato. Dove posso orientare la nuova velocità acquisita?
- Persone. La nuova velocità è sostenibile?
- Ecosistema. Su cosa è meglio concentrarsi prima?
Gli elementi della Business Agility
Affinché la Business Agility risulti un mezzo efficace per affrontare il cambiamento, bisogna considerare i suoi elementi contraddistintivi, le 6 direttrici da affrontare insieme.
- Governance: si riferisce all’insieme di azioni che ci permettono di governare strategicamente l’intera organizzazione e le sue iniziative.
Può manifestarsi in interazioni brevi su livelli differenti: il primo livello, il governo del flusso di lavoro, per selezionare le attività di maggiore interesse; il livello del beyond budgeting, per superare la logica prevalente di fare budget e applicarne una nuova già codificata in letteratura, allo scopo di spostare le risorse velocemente – modello dei “due filoni”, adattivo e devoluto, ognuno con 6 principi -; l’ultimo livello di planning, per una ri-pianificazione generale dell’organizzazione, che permetta di rispondere rapidamente alle evoluzioni.
- Design dell’organizzazione: si passa da una gerarchia di persone e posizioni a una gerarchia di decisioni e processi. L’attenzione è ora sulla mobilità delle persone: queste devono poter partecipare alle iniziative e allargare la conoscenza e le competenze, affinché giungano lì dove il loro contributo è richiesto.
- Innovazione: è il luogo della sfida, dove si ricercano nuove soluzioni e da cui partire per poter affrontare il salto evolutivo necessario. La digitalizzazione intesa come cambiamento non è più un asset, ma il fulcro di qualsiasi iniziativa aziendale.
- Leadership: non è più al centro delle decisioni, ma “al servizio” delle scelte strategiche aziendali. La leadership è una leadership decentralizzata, il cui focus è ora sulle competenze: la complessità dei processi e l’incertezza del contesto di oggi richiedono che le decisioni vengano prese dove risiede la conoscenza, all’interno del magma aziendale, dal basso, dalle persone.
Manager e leader costituiscono, in quest’ottica, i moltiplicatori del potenziale aziendale.
- Conoscenza: è l’antidoto al rischio e all’incertezza. Riprendendo Peter Senge, “La quinta disciplina: l’arte e la pratica dell’apprendimento organizzativo”, si può comprendere che solo la conoscenza permette di costruire quel pensiero sistemico (la “quinta disciplina”, appunto) in cui l’organizzazione appare come un tutto e non come una somma tra parti.
Il sapere deve essere necessariamente condiviso e diffuso all’intera organizzazione, per riuscire nella creazione di un’organizzazione che apprende.
- Persone e cultura aziendale: sono gli elementi ultimi e fondamentali, che si nutrono reciprocamente e danno sostegno all’azienda. Le persone determinano la cultura aziendale e costruiscono i processi; al tempo stesso, la cultura e i processi cambiano le persone che ne prendono parte.
L’Agile ha introdotto importanti evoluzioni in quest’ottica. Si passa dalla gerarchia al ruolo: la persona che collabora con l’organizzazione contribuisce per il ruolo che assume, più che per la posizione gerarchica che copre. Risponde alla necessità di riconoscimento che le persone sentono e le abilita ad essere protagoniste del loro lavoro. Insegna a costruire percorsi di miglioramento continuo guidati dalle persone stesse, in una dimensione di team.
Le riflessioni di Agile Reloaded
Tra di noi in Agile Reloaded riflettiamo spesso su queste tematiche, per la nostra realtà e per le aziende che si affidano ad AR.
Ecco qualche spunto maturato in queste riflessioni, su alcuni degli elementi della Business Agility.
Sul piano del cambiamento.
Non si parla più di “change management”, ma di “management + change”. La questione verte sul come gestiamo la situazione e su quale capacità abbiamo di apportare il cambiamento.
Sul piano delle persone.
La responsabilità della crescita personale è del singolo, ma la responsabilità di creare le condizioni affinché questa crescita possa avvenire è dell’azienda: il singolo e l’organizzazione, insieme, hanno la responsabilità delle performance.
Sul piano della metodologia.
Continua ad essere valido il caro e vecchio approccio empirico: si osservano le evidenze, si fanno ipotesi, si procede per esperimenti e si consolida il cambiamento. E’ fondamentale fare esperimenti: in Agile e, quindi, nella Business Agility non abbiamo soluzioni predeterminate.
L’approccio empirico è la via maestra per affrontare il cambiamento.
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